L’esperienza della mensa scolastica ha un profondo valore educativo. All’indomani della pubblicazione della pronuncia con cui il Consiglio di Stato sembra sminuire la funzione educativa della mensa, emblematiche appaiono le parole di Carlo Petrini, in un contributo nel Rapporto: “La pausa del pranzo fornisce indubbiamente la possibilità di educare gli studenti alla buona e sana alimentazione, al rispetto della diversità, alle regole della convivenza civile, in un contesto diverso dall’aula, in un contesto collettivo che riproduce un aspetto della vita reale, del mondo adulto”.
Tutto questo non assume lo stesso valore se il pasto non è uguale per tutti, fatta eccezione per le intolleranze o per le esigenze religiose ed etiche.
“Il pasto portato da casa può essere un gesto di protesta, ma non una soluzione” scrive il Presidente di Slow Food, che aggiunge: “è un diritto garantito al singolo che fa perdere peso al diritto di tutti di richiedere un pasto buono e sano per tutti gli studenti, il fallimento del collettivo e del sociale”.
Al contrario il pasto in mensa può diventare misura di lotta alla povertà educativa ed esclusione sociale, oltre che strumento di socializzazione e integrazione scolastica.
Molte famiglie sono in difficoltà per il pagamento dei buoni pasto dei propri figli. Per questo è stato avviato, in forma sperimentale, un progetto per supportare le spese per alcuni nuclei familiari particolarmente indigenti.